Con la sentenza n. 15308, depositata il 19 maggio 2020, la Corte di cassazione ha dichiarato illegittimo per violazione di legge il provvedimento del Tribunale del riesame di Rieti con il quale era stata accolta l’istanza dell’indagato di conversione del sequestro disposto sulle somme della società, in sequestro dell’immobile intestato alla medesima società. Più nel dettaglio, all’indagato, legale rappresentante dell’ente, era stato contestato il reato tributario di cui all’art. 10 ter D.lgs. 74/2000. Il sequestro diretto era stato disposto sulle somme di denaro della società, ritenuta beneficiaria del reato. Si trattava di un caso di applicazione della misura cautelare finalizzata alla confisca diretta del profitto del reato, disposta ai sensi dell’art. 12 bis D.lgs. 74/2000, direttamente in capo all’ente, non indagato nel procedimento. Il fatto di reato era stato, infatti, commesso in data precedente all’introduzione dei reati tributari nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa ex D.lgs. 231/01, ma – nonostante ciò – per costante giurisprudenza era stato possibile applicare la misura cautelare direttamente in capo all’ente, in quanto beneficiario del reato. L’indagato aveva avanzato istanza al Tribunale del riesame chiedendo che il sequestro diretto delle somme di denaro venisse convertito in sequestro dell’immobile intestato alla società. Il Tribunale aveva accolto l’istanza. Avverso al provvedimento ha fatto ricorso il Procuratore della Repubblica, avanzando diverse doglianze. Con il primo motivo, accolto poi dalla Cassazione e assorbente rispetto a tutti gli altri proposti, si è lamentato che, in violazione di quanto disposto dall’art. 322 ter c.p., l’ordinanza impugnata ha trasferito il vincolo posto in relazione al profitto diretto del reato su un bene immobile che costituirebbe invece profitto per equivalente. La Corte di cassazione, leggendo il richiamo fatto all’art. 322 ter c.p. come mera svista in luogo del richiamo alla disposizione di cui all’art. 12 bis D.lgs. 74/2000, ha accolto il motivo. Sul punto ha rammentato che le somme di denaro oggetto di sequestro finalizzato alla confisca, che costituiscono il profitto, oppure un valore ad esso equivalente, non possono essere sostituite con beni mobili o immobili di identico valore, perché tale operazione comporta la permuta di un bene di immediata escussione con un diritto di proprietà non immediatamente convertibile in un valore corrispondente al profitto di reato. Peraltro nel caso di specie non sussistevano elementi per ritenere che il bene immobile fosse profitto, nemmeno indiretto, dell’illecito. Sicché sottoporre a sequestro tale bene avrebbe significato applicare un vincolo preordinato alla confisca per equivalente del profitto che la legge non prevede in capo al soggetto che si è avvantaggiato del bene, essendo la stessa prevista – e solo in caso di impossibilità della confisca del profitto del reato – nei riguardi dell’autore dello stesso. Alla luce delle considerazione svolte e considerando anche la facilità con cui l’ente avrebbe potuto ottenere un finanziamento, dando in garanzia l’immobile che offriva come oggetto del sequestro, la Corte accoglie il ricorso e annulla senza rinvio il provvedimento del Tribunale di Rieti.