Infortuni sul lavoro - Responsabilità dei membri del Consiglio di Amministrazione

20 Luglio 2021

 

La Corte di Cassazione penale, sez. IV, con sentenza del 02.03.2021, n. 21522 si espressa sul tema della responsabilità dei membri del Consiglio di Amministrazione nel caso di infortuni sul lavoro, in una vicenda in cui alcuni membri del CDA di una società erano stati ritenuti responsabili del reato di lesioni personali colpose gravissime ai danni di un lavoratore da parte della Corte d’Appello di Milano.

Il fatto, non contestato nelle sue modalità di accadimento, riguardava un lavoratore che, durante il turno notturno, cui era addetto in qualità di l'operaio “mentre operava sulla postazione dell'isola di fusione F4, veniva colpito alle spalle dalla tazza di caricamento che trasferiva il metallo fuso dal forno alla conchigliatrice, rimanendo incastrato fra questa ed il forno. Il normale funzionamento dell'apparecchiatura, come descritto dalla stessa persona offesa, comportava che la tazza di caricamento dopo avere prelevato il metallo fuso dal forno si spostasse sino alla conchigliatrice, dove versava il metallo fuso nello stampo, indi tornava indietro verso il forno, fermandosi a metà corsa, per proseguire verso il forno solo quando il robot, di cui era dotato il macchinario, aveva prelevato il pezzo finito dallo stampo. Al contrario, nell'occasione, la tazza anziché arrestarsi aveva proseguito la corsa, colpendo alle spalle il lavoratore intento a caricare il forno di panetti di alluminio da fondere, così spingendolo verso il forno. Al lavoratore era stato dato incarico di operare in contemporaneità anche sull'isola di fusione F1, posta a fianco della F4, per cui egli doveva occuparsi di caricare il forno e di scaricare i pezzi finiti da entrambi i macchinari”.

Avverso la sentenza di secondo grado proponevano ricorso gli imputati.
Tra i motivi di impugnazione si sottolineava che “sebbene componente del Consiglio di amministrazione, la ricorrente svolgeva esclusivamente compiti di natura amministrativa e contabile, non esercitando in concreto funzioni datoriali, nè avendo mai assunto alcuna responsabilità dell'organizzazione del lavoro e dell'unità produttiva.
Sicché , in forza del principio di effettività, che impone di assegnare la posizione di garanzia solo a chi svolga in concreto le funzioni di datore di lavoro, nessuna responsabilità può esserle attribuita nella causazione dell'infortunio.”

Nel rigettare i ricorsi presentati la Corte di Cassazione, per quanto di interesse, chiariva che il ricorrente (membro del Consiglio di Amministrazione) “pretende di escludere l'imputata dal novero dei soggetti garanti dell'incolumità dei lavoratori, facendo riferimento alla definizione della figura del datore di lavoro, come delineata dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. b). Si sostiene che la disposizione introduca il c.d. principio dell'effettività, in forza del quale può essere definito datore di lavoro solo colui che ha la responsabilità dell'organizzazione dell'impresa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Il che implica, di per sé , che il componente del Consiglio di amministrazione non può essere titolare della posizione di garanzia del datore di lavoro unicamente in forza della carica che ricopre, laddove sia privo di attribuzioni organizzative ed anzi svolga, all'interno dell'azienda, un ruolo meramente amministrativo e contabile”.
Ciò premesso la Corte ha chiarito che la questione posta, (in materia di soggetti su cui gravano gli obblighi del datore di lavoro nelle società di capitali) deve essere risolta tenendo in considerazione la complessità dell'organizzazione.
Ed infatti, “se, in linea teorica, rivestono la qualifica di datore di lavoro tutti i componenti del consiglio amministratore, che gestisce ed organizza l'attività di impresa, nondimeno, in concreto, nelle realtà più articolate ed in aziende di rilevanti dimensioni, l'individuazione della figura del datore di lavoro può non coincidere con la mera assunzione formale della carica di consigliere, laddove all'interno dell'organo deliberativo siano individuati soggetti cui vengono specificamente assegnati gli obblighi prevenzionistici (Nelle società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia)."
Chiarisce infatti, proprio in tema di delega, che l'assunzione della veste di garante può derivare dalla formale investitura, dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche della figura o dal trasferimento di poteri e funzioni da parte del soggetto che ne é titolare. Se, infatti "le figure dei garanti hanno una originaria sfera di responsabilità che non ha bisogno di deleghe per essere operante, ma deriva direttamente dall'investitura o dal fatto, la delega, é invece qualcosa di diverso: essa, nei limiti in cui é consentita dalla legge, opera la traslazione dal delegante al delegato di poteri e responsabilità che sono proprie del delegante medesimo".
“Ciò che identifica il datore di lavoro é, dunque, la titolarità del potere decisionale sull'impresa e del potere di spesa, cui corrisponde l'obbligo prevenzionistico derivante dallo stesso esercizio dell'impresa.
E' proprio il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, comma 1, lett. b) a stabilire il legame fra l'obbligo prevenzionistico ed il soggetto titolare della responsabilità decisionale, organizzativa e di spesa dell'impresa. Ed é la stessa disposizione che chiarisce come un simile rapporto derivi dal tipo di assetto organizzativo in cui il lavoratore presta la propria attività, modulando la figura di datore di lavoro non solo sulla titolarità dell'impresa e del rapporto di lavoro, ma sulla sua gestione attraverso l'esercizio dei poteri decisionali e di spesa”.
Ciò che la Corte di Cassazione riconosce è che nelle società di grandi dimensioni è possibile una frammentazione per ambiti dei poteri decisori e di spesa, che invece non potrebbe trovare sede in realtà di piccole dimensioni atteso che in questi ultimi casi la frammentazione per ambiti dei poteri decisori e di spesa “finirebbe, con il coincidere con l'esonero alcuni dei componenti del consiglio di amministrazione dagli obblighi prevenzionistici connessi con l'attività di impresa, senza che a ciò corrisponda alcuna effettiva esigenza organizzativa del potere decisionale”.
E così “nell'ambito di complesse organizzazioni imprenditoriali, in forma societaria, ciò legittima la distinzione fra ambiti gestori diversi derivanti dalla modulazione delle attribuzioni fra componenti del consiglio di amministrazione. L'estesa articolazione dell'organizzazione giustifica la ripartizione delle attribuzioni, in quanto funzionale al raggiungimento degli scopi dell'impresa. La forma può essere analoga a quella della delega di funzioni, ma anche implicita nell'incarico attribuito, consistente nel conferimento ad uno o più membri dell'organo deliberante di poteri esclusivi propri di quest'ultimo, senza che a ciò corrisponda una separazione tra il potere decisionale dell'imprenditore, nella sua forma societaria, e la sua gestione parcellizzata, convalidata dall'effettività del potere decisionale e di spesa conferito. Il limite dell'esonero degli altri componenti del consiglio di amministrazione é delineato dall'obbligo della vigilanza, cui l'organo deliberativo non può in alcun caso sottrarsi, in quanto organo che conferisce un potere proprio”.

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