In data 7 aprile 2022, il Garante per la protezione dei dati personali (il “Garante” o l’“Autorità”) ha emesso due ordinanze ingiunzioni nei confronti, rispettivamente, dell’Azienda ospedaliera di Perugia (l’”Azienda Ospedaliera”) e di una società fornitrice del software per l’impostazione e la gestione del sistema di whistleblowing dell’Azienda Ospedaliera (la “Società IT”). Le due ordinanze ingiunzioni sono state emesse a seguito di una serie di attività ispettive svolte dal Garante in merito alle modalità di trattamento dei dati acquisiti tramite gli applicativi maggiormente utilizzati dai datori di lavoro italiani pubblici e privati nell’ambito della gestione delle attività di whistleblowing. In tale contesto, risulta di vitale importanza il coordinamento tra la disciplina in materia di whistleblowing e quella in materia di protezione dei dati personali, dal momento che, come ribadito dall’Autorità stessa: “PA e imprese devono prestare la massima attenzione nell’impostazione e gestione dei sistemi di whistleblowing, garantendo la massima riservatezza dei dipendenti e delle altre persone che presentano segnalazioni di condotte illecite”. Ma facciamo un passo indietro. Che cosa si intende per whistleblowing e quali garanzie per il whistle-blower? Il whistleblowing è un sistema di segnalazione di presunti illeciti la cui regolamentazione è volta a tutelare i dipendenti che segnalino illeciti di cui siano venuti a conoscenza in occasione della prestazione lavorativa. La regolamentazione del fenomeno del c.d. whistleblowing – dettata dall’art. 54-bis del T.U. sul pubblico impiego (D. Lgs. n. 165/2001), introdotto dall’art. 1, co. 51 della L. “Severino”, n. 190/2012 – è stata oggetto di revisione nel 2017, attraverso la Legge n. 179. In particolare, il Legislatore è intervenuto ampliando il suo ambito di applicazione sino a ricomprendervi non solo i rapporti di lavoro con le Pubbliche Amministrazioni, ma anche quelli instaurati tra le PA e le aziende private che forniscono beni e servizi alle stesse. A livello europeo, il riferimento normativo è rappresentato dalla Direttiva 2019/1937/UE, riguardante – più generalmente – la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione; tuttavia, ad oggi, sebbene il termine per il suo recepimento fosse previsto per lo scorso 17 dicembre 2021, l’Italia non ha ancora provveduto in tal senso. Con riferimento, invece, ai soggetti privati che non operano con le PA, nell’ambito dell’implementazione dei sistemi di whistleblowing, la relativa disciplina è regolata dal D. Lgs. n. 231/2001 che prevede, altresì, delle tutele specifiche per la figura del whistle-blower. Come noto, tale normativa non ha un carattere di immediata cogenza e, pertanto, l’adozione dei modelli organizzativi dalla stessa disciplinati resta una valutazione di mera opportunità per i datori di lavoro. In particolare, la disciplina vigente – che trova le proprie fonti nelle norme testé citate – prevede che il dipendente che denunci situazioni di illiceità di cui sia venuto a conoscenza nell’esercizio della propria attività lavorativa e in relazione a condotte di propri colleghi o superiori, non possa essere sottoposto a sanzioni, né demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altre misure organizzative che abbiano un effetto negativo sulla sua vita lavorativa in ragione di tale delezione. Ove, successivamente alla segnalazione, si verifichino delle conseguenze disciplinari in danno al whistle-blower, le stesse si presumono nulle; è altresì previsto un regime probatorio di favore per il denunciante, essendo invertito l’onere della prova in favore di quest’ultimo: sarà l’amministrazione di appartenenza (o il datore di lavoro) a dover dimostrare che il provvedimento disciplinare applicato sia stato giustificato da motivazioni del tutto estranee alla segnalazione stessa. Il sistema determinato dalla normativa in discussione riconosce, poi, una rilevanza particolare alla riservatezza dell’identità del segnalante, nonché della segnalazione stessa che devono essere sempre garantite - a tal fine, infatti, tali informazioni sono escluse da quelle ottenibili tramite richiesta di accesso agli atti ai sensi della L. n. 241/1990 - e richiede ai datori di lavoro di istituire specifici canali di segnalazione (di cui almeno uno informatico) che permettano di mantenere la riservatezza dell’identità del segnalante, oltre che dell’introduzione di una figura ad hoc denominata “Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza” (il “RPCT”), esterna all’ambiente lavorativo, così da scongiurare la possibilità che il whistle-blower desista dalla denuncia a causa del timore di un confronto con un soggetto potenzialmente coinvolto in prima persona nei fatti oggetto della denuncia. Al fine di assicurare che le tutele accordate al whistle-blower vengano rispettate, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (“ANAC”) e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (“INL”) sono dotate di poteri di vigilanza e sanzionatori. In particolare, sono previste delle sanzioni amministrative che variano da un minimo di 5.000 ad un massimo di 50.000 Euro, a seconda della gravità della violazione o della dimensione dell’amministrazione/azienda nei cui confronti le stesse sono state comminate. In osservanza di quanto disposto dalla disciplina vigente, l’ANAC ha, infine, emanato delle apposite Linee Guida “in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o di irregolarità di cui siano venuti a conoscenza in ragione di un rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 54-bis del D. Lgs. 165/2001 (cd. whistleblowing)”, la cui adozione è stata preventivamente sottoposta all’esame del Garante, il quale ha colto l’occasione per confermare che la disciplina di settore in materia di whistleblowing debba essere coordinata, in sede applicativa, con la normativa in materia di protezione dei dati personali. Le Ordinanze Ingiunzioni del Garante Con riferimento alle ordinanze ingiunzioni emesse dal Garante nei confronti dell’Azienda Ospedaliera e della Società IT, ad esito delle attività ispettive aventi a oggetto le principali funzionalità di alcuni tra gli applicativi di whistleblowing maggiormenteutilizzatidai datori di lavoro per l’acquisizione e gestione delle segnalazioni di condotte illecite, il Garante ha accertato la violazione di diverse disposizioni del Regolamento UE 2016/679 (il “GDPR”) da parte sia dell’Azienda Ospedaliera, in qualità di titolare del trattamento per finalità di whistleblowing, sia della Società IT, in qualità di responsabile del trattamento. Descrizione del fatto Il Garante ha rilevato che, nel corso del 2016, l’Azienda Ospedaliera aveva adottato il “Regolamento aziendale per la tutela del dipendente che segnala illeciti (whistleblower)” (il “Regolamento”), il quale, ex multis, precisava che l’invio di una segnalazione da parte dei soggetti aventi il potere di effettuare tale segnalazione (ad es. dipendenti, collaboratori, consulenti, specializzandi, tirocinanti, frequentatori volontari e tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, svolgevano attività all’interno dell’Azienda Ospedaliera) potesse essere effettuato non soltanto in modalità cartacea, a mezzo del servizio postale, tramite l’invio del modulo pubblicato sul sito aziendale al RPCT, bensì anche in modalità verbale direttamene al RPCT e in modalità informatica, avvalendosi di un’applicazione web dedicata. In tale contesto, l’Azienda Ospedaliera aveva deciso di avvalersi di un’applicazione web gestita e fornita, in modalità cloud, dalla Società IT: tramite il Regolamento era, quindi, stato deliberato l’acquisto della citata applicazione web, nonché l’atto di designazione a responsabile del trattamento della Società IT. Valutazioni del Garante Sulla base degli elementi acquisiti durante l’attività istruttoria, il Garante ha, in primis, rilevato che il trattamento dei dati personali nell’ambito delle segnalazioni di illeciti deve sempre avvenire nel rispetto della normativa vigente e applicabile, costatando che: Nell’ambito del procedimento, le contestazioni del Garante sono state altresì oggetto di replica da parte dell’Azienda Ospedaliera la quale ha precisato che: L’Azienda Ospedaliera ha, inoltre, specificato di aver provveduto, nelle more del procedimento, a: Alla luce di quanto sopra, nonostante sia stata riconosciuta la piena collaborazione dell’Azienda Ospedaliera, e sebbene non sia stata acquisita e trattata alcuna segnalazione di condotte illecite mediante l’applicativo web, l’Autorità ha rilevato l’illiceità del trattamento dei dati effettuato in violazione degli articoli 5, par. 1, lett. a), 13, 14, 25, 30, 32 e 35 del GDPR. Posto che la condotta aveva esaurito i suoi effetti, il Garante ha ritenuto non ricorrenti i presupposti per l’adozione di misure correttive. Tuttavia, l’Autorità ha sanzionato l’Azienda Ospedaliera per un importo pari ad Euro 40.000,00 ritenendo la misura sufficiente e proporzionata, tenuto in considerazione che (i) al momento delle attività ispettive, non erano presenti segnalazioni di condotte illecite all’interno dell’applicativo web; (ii) l’Azienda Ospedaliera aveva prestato piena collaborazione, adottando misure tecniche e organizzative volte a riparare le condotte in violazione del GDPR; (iii) l’Azienda Ospedaliera si trovava in gravi difficoltà, anche sul piano organizzativo, a causa dell’emergenza epidemiologica; e (iv) non risultavano ulteriori procedimenti a carico della stessa. Le contestazioni alla Società IT In aggiunta al procedimento avviato nei confronti dell’Azienda Ospedaliera, nel corso dei controlli il Garante ha rilevato ulteriori illeciti imputabili alla Società IT che, in qualità di responsabile del trattamento, forniva all’Azienda Ospedaliera l’applicazione web di whistleblowing. In particolare, il Garante ha rilevato che la Società IT: Anche in questo caso, seppur il Garante abbia riconosciuto la piena collaborazione della Società IT, è stata comunque comminata una sanzione nei confronti della stessa per un importo pari ad Euro 40.000,00 per aver omesso di regolare il trattamento dei dati personali effettuato, per proprio conto e nel proprio esclusivo interesse, dal fornitore di servizi di hosting. Oltre all’applicazione di tale sanzione amministrativa, il Garante ha ritenuto necessario ingiungere alla Società IT di adeguare il rapporto con il fornitore del servizio di hosting alla normativa in materia di protezione dei dati personali entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento in questione.