(Contributo alla luce della recente sentenza del Tribunale di Genova che ha escluso ASPI e SPEA quali responsabili civili nel procedimento penale “Ponte Morandi”) A seguito dell’introduzione del D.Lgs. 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa dell’ente derivante da reato, la veste giuridica che l’ente assume nell’ambito del procedimento penale è stata oggetto di numerosi arresti giurisprudenziali. Nel corso degli ultimi anni, i giudici di merito hanno affrontato il tema della costituzione di parte civile dell’ente e quella di responsabile civile nel procedimento penale quando il medesimo ente era altresì chiamato a rispondere sensi del D.Lgs 231/01 del medesimo fatto di reato. Queste pronunce hanno sostanzialmente evidenziato l’incompatibilità di ulteriori posizioni processuali qualora l’ente fosse chiamato – a fianco della persona fisica imputata - a rispondere dell’illecito amministrativo proveniente da reato commesso da suo apicale o da soggetto ad esso sottoposto ex art. 5 D.Lgs 231/01. Il Tribunale di Milano[1] e successivamente del Tribunale di Genova[2], sono andati rispettivamente ad escludere (a) la costituzione di parte civile dell’ente che è contestualmente chiamato a rispondere ai sensi del D.lgs. 231/2001, (b) il suo coinvolgimento quale responsabile civile nel caso in cui l’ente stesso abbia definito la propria posizione processuale con una sentenza di patteggiamento divenuta irrevocabile. Nello specifico, il Tribunale di Milano aveva concluso per l’incompatibilità tra la posizione di ente responsabile ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e quella di parte civile nei confronti degli apicali che avevano commesso i reati presupposto nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso sulla base delle seguenti considerazioni: Alla luce delle precedenti considerazioni quindi il Tribunale di Milano ha ritenuto che la semplice assunzione della veste imputato si sensi del D.Lgs. 231/2001 esclude ogni possibilità per l’ente stesso di costituirsi parte civile, potendo, in caso di assoluzione, far valere le proprie pretese risarcitorie nei confronti dell’autore del reato in sede civile. Il Tribunale di Genova, in una recentissima pronuncia, ha invece affrontato il tema della compatibilità tra la posizione di responsabile civile dell’ente e la sua veste di ente imputato ex D.Lgs 231/01. Nel caso di specie i difensori degli enti, citati quali responsabili civili nel procedimento, hanno chiesto l’esclusione degli stessi dal processo come responsabili civili ai sensi dell’art. 86 co. 2 c.p.p., proprio in ragione dell’incompatibilità di tale veste rispetto a quella di imputato ex D.Lgs 231/01, che era già stata definita – nei confronti degli stessi enti – con sentenza di patteggiamento divenuta irrevocabile. Il Tribunale, al fine di valutare l’esclusione degli enti citati quali responsabili civili, da un lato ha richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 218 del 2014 e dall’altro lato ha operato un’analisi sistematica delle disposizioni previste dal codice di procedura penale in materia di responsabile civile, con particolare attenzione all’articolo 83, e della previsione introdotta dall’art. 35 del D.Lgs. 231/2001 il quale afferma l’applicabilità di tutte le disposizioni processuali relative all’imputato anche all’ente chiamato a rispondere ai sensi del D.Lgs. 231/2001 in quanto compatibili. La sentenza della Corte Costituzione n. 218 del 2014 ha fornito un’interpretazione della ratio sottesa all’articolo 83 c.p.p., il quale deve essere inteso nel senso che il medesimo soggetto non può, nel medesimo procedimento, essere chiamato a rispondere quale autore del reato e responsabile civile per la condotta del coimputato. Di conseguenza non è escluso a priori che l’imputato possa essere citato nel procedimento quale responsabile civile del coimputato, ma è escluso che questi possa essere responsabile civile del coimputato nel caso in cui la sua posizione giuridica sia stata definita con una sentenza di condanna. La citazione quale responsabile civile del coimputato persisterebbe infatti nel solo caso in cui l’autore “venga prosciolto o sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere”. Inoltre la Corte, pur affermando che l’illecito di cui è chiamato a rispondere l’ente è differente rispetto al reato presupposto e che, di conseguenza, ente e autore del reato non possono essere definiti coimputati, ha confermato quanto statuito dall’art. 35 del D.Lgs. 231/20021, e cioè l’applicabilità all’ente di tutte le disposizioni processuali relative all’imputato, laddove compatibili. Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale genovese ha quindi ritenuto la disciplina dall’art. 83 c.p.p. applicabile anche all’ente soggetto del procedimento penale ex D.Lgs 231/01. Ciò implica che l’ente chiamato a rispondere in un procedimento ai sensi del D.Lgs. 231/2001 può essere citato quale responsabile civile dell’autore del reato, ma la citazione sarà produttiva dei suoi effetti a condizione che l’ente venga prosciolto o venga pronunciata nei di lui confronti una sentenza di non luogo a procedere. Nell’eventualità in cui invece l’ente dovesse essere destinatario di una sentenza di condanna, la citazione quale responsabile civile non produrrebbe i suoi effetti. Nel caso di specie quindi il Tribunale ha ritenuto di escludere i due soggetti giuridici citati quali responsabili civili in ragione del fatto che nel corso del procedimento le due società avevano patteggiato e la sentenza di patteggiamento era divenuta irrevocabile. [1] Tribunale di Milano, II Sezione Penale, Ordinanza del 6 aprile 2017. Nell’ambito del primo procedimento penale, celebratosi a Milano, l’ente imputato era stato chiamato a rispondere ai sensi del D.Lgs. 231/2001 per i reati commessi da soggetti apicali e aveva successivamente definito la propria posizione processuale con sentenza di patteggiamento, salvo costituirsi parte civile nei confronti delle persone fisiche imputate nel processo. [2] Tribunale di Genova, I Sezione Penale, II Collegio, Ordinanza del 19 settembre 2022. [3] Corte di cassazione, VI Sezione Penale, Sentenza n. 19764 del 8 maggio 2009. [4] Tribunale di Milano, Sezione del Giudice per l’Udienza Preliminare, Ordinanza del 9 luglio 2009.