Come è noto l’istituto giuridico del Whistleblowing assume sempre maggiore rilevanza e richiede alle Società e agli Enti di adottare canali di segnalazione, effettuare adeguata attività di informazione e formazione sulle novità legislative e, più in generale, incentivare l’emergere di segnalazioni che riguardino fatti illeciti di cui il whistleblower abbia avuto conoscenza nell’esercizio dell’attività lavorativa. Ad avviso di chi scrive, l’istituto in esame potrà costituire una concreta possibilità per le Società e gli Enti, trattandosi di uno strumento che consente ad apicali e subordinati di presentare, a tutela dell'integrità del soggetto giuridico, segnalazioni circostanziate di condotte illecite o irregolari, fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o violazioni del Modello di organizzazione e gestione dell‘Ente e del Codice di Condotta, di cui siano venuti a conoscenza. In questi anni L’Osservatorio 231 si è più volte soffermato sulla tematica analizzando le Linee Guida ANAC (documento destinato alle pubbliche amministrazioni ma da cui è possibile trarre indicazioni importanti per ciascun soggetto giuridico) e le Linee Guida di Confindustria con cui sono stati forniti importanti spunti operativi in materia di segnalazioni (https://www.osservatorio-231.it/2021/07/19/nuove-linee-guida-anac-in-materia-di-whistleblowing/). Si è chiarito, ad esempio, che la Società deve individuare appositi canali per effettuare le segnalazioni di cui almeno uno informatico e che è richiesto che le denunce siano circostanziate e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti (https://www.osservatorio-231.it/2021/08/05/whistleblowing-spunti-operativi-2/). Inoltre, si sono affrontate tematiche come la possibilità che le condotte illecite rivestano la forma del tentativo o la segnalazione di attività illecite non ancora compiute ma che il whistleblower ritenga ragionevolmente possano verificarsi in presenza di elementi precisi e concordanti (https://www.osservatorio-231.it/2021/08/02/whistleblowing-spunti-operativi/). Abbiamo, a più riprese analizzato, argomenti quali quello del destinatario della segnalazione e della tutela della riservatezza dell’identità del segnalante (https://www.osservatorio-231.it/2021/08/10/whistleblowing-spunti-operativi-3/). Ad epilogo di questo lavoro si colloca senza dubbio l’attuazione da parte dell’Italia della direttiva UE 2019/1937 in materia di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali. Le maggiori novità previste dallo schema di decreto legislativo, conformemente a quanto richiesto dalla Direttiva UE 2019/1937, riguardano l’ampliamento dell’ambito di applicazione oggettivo e soggettivo, l’introduzione di nuove modalità attraverso le quali presentare una segnalazione e la tutela del segnalante (https://www.osservatorio-231.it/2022/12/14/il-governo-attua-la-direttiva-ue-2019-1937-in-materia-di-whistleblowing/). Tutto ciò consente di comprendere come negli anni i caratteri dell’istituto siano stati definiti e specificati dalla Legge e come l’ANAC abbia contribuito a dettagliare i caratteri - anche concreti - dello stesso e consentito alle Società di valutare interventi di sostegno all’applicazione effettiva dell’istituto. Basti pensare alla possibilità per gli Enti di informare i dipendenti non solo dell’esistenza di un canale di segnalazione ma anche dei casi in cui lo stesso va utilizzato e del concreto contenuto della segnalazione stessa (individuazione delle circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificato il fatto oggetto della segnalazione; descrizione del fatto; generalità o altri elementi che consentano di identificare il soggetto cui attribuire i fatti segnalati; eventuale allegazione documentale). L’altro lato della medaglia risulta invece costituito dalla tutela del segnalante, elemento caratterizzante l’istituto che si fonda sulla seguente scommessa: la garanzia circa la tutela della riservatezza consentirà di vincere eventuali perplessità e indurrà il segnalante ad effettuare la segnalazione. Ma la tutela del whistleblower si fonda anche su altro essenziale pilastro: il divieto di applicazione di misure ritorsive o discriminatorie come conseguenza della segnalazione. Si chiarisce che la disciplina legislativa individua, da una parte, misure sufficientemente tipizzate quali il demansionamento, il licenziamento o il trasferimento mentre, dall’altra, rinvia a misure indeterminate laddove si riferisce a misure “organizzative” aventi effetti diretti o indiretti sulle condizioni di lavoro determinate dalla segnalazione. La “misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro” potrebbe ricomprendere condotte quali: Proprio in tal senso si è espressa di recente l’ A.N.AC. che, con delibera n. 506 del 25 ottobre 2022, ha sanzionato un alto dirigente di una Azienda Sanitaria Locale Pugliese per il comportamento ritorsivo adottato nei confronti di un medico che aveva effettuato una segnalazione su presunti illeciti commessi dal dirigente stesso. Nel caso di specie, all’esito dell’istruttoria l’A.N.AC. ha ritenuto integrato un “comportamento grave e ritorsivo nei confronti di un collega” comminando al dirigente una sanzione di 5.000 euro. Le condotte ritorsive consistevano nel fatto che il medico che aveva segnalato era stato successivamente sottoposto a tre procedimenti disciplinari ingiustificati nel giro di poco tempo e trasferito in altra sede operativa. Tale decisione si pone a valle di una serie di provvedimenti adottati dall’Autorità amministrativa indipendente negli ultimi anni. Basti ricordare che la prima multa comminata dall’A.N.AC. risale al settembre 2019 quando un whistleblower, operante in un comune campano, aveva denunciato per abuso d’ufficio e omissione di atti d’ufficio i componenti dell’Ufficio procedimenti disciplinari, di cui lui stesso faceva parte. Nelle settimane successive alla segnalazione il dirigente era stato sospeso dal servizio per complessivi 22 giorni e privato della retribuzione. Anche in quel caso l’Autorità non ha ritenuto soddisfacenti le motivazioni addotte dall’Ente che avrebbero dovuto giustificare il provvedimento di sospensione comminando una sanzione economica.