La messa alla prova non è applicabile agli enti ex d.lgs. 231

17 Aprile 2023

Il contrasto giurisprudenziale viene risolto dalle Sezioni Unite

Risolvendo il contrasto giurisprudenziale di cui si è, a più riprese, occupato l’Osservatorio 231 dello Studio Morri Rossetti e Associati, la Corte di Cassazione penale, Sezioni Unite, con pronuncia del 27.10.2022, n. 14840, ha chiarito che l'istituto dell'ammissione alla prova di cui all'art. 168-bis c.p., non trova applicazione con riferimento alla disciplina della responsabilità degli enti di cui al d.lgs. n. 231 del 2001.

Nell’ambito delle motivazioni depositate dalle Sezioni Unite in data 6 aprile 2023 si legge che:

Le norme relative alla messa alla prova non contengono alcun riferimento agli "enti" quali possibili soggetti destinatari di esse e neppure le norme del D.Lgs. n. 231 del 2001, sebbene introdotte antecedentemente a quelle disciplinanti l'istituto della messa alla prova per gli imputati maggiorenni, contengono agganci o richiami deponenti per l'immediata applicabilità dell'istituto di più recente introduzione agli enti. Gli artt. 34 e 35 del D.Lgs. n. 231 del 2001, infatti, nel dettare le disposizioni generali sul procedimento di accertamento e di applicazione delle sanzioni amministrative dipendenti da reato, oltre a prevedere l'osservanza delle norme specificamente dettate dal decreto, contengono un richiamo esclusivamente alle disposizioni del codice di procedura penale e alle disposizioni processuali relative all'imputato, in quanto compatibili”.

La Corte osserva che l'applicazione "estensiva" dell'istituto della messa alla prova agli enti ha fatto registrare nella giurisprudenza di merito decisioni contrastanti, contrapponendosi ad un gruppo di ordinanze ostative all'ammissione dell'ente alla prova (cfr. ad es. Trib. Milano, 27/3/2017; Trib. Bologna, 10/12/2020; Trib. Spoleto, 21/4/2021), altre pronunce, invece, favorevoli (Trib. Modena, 19/10/2020; Trib. Bari, 22/6/2022).

Le ordinanze ostative si sono fondate su argomentazioni quali il fatto che “la sospensione del procedimento con messa alla prova si manifesti, dal punto di vista afflittivo, attraverso lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, rientrante a pieno titolo nella categoria delle sanzioni penali, ma, in assenza - de jure condito - di una normativa di raccordo che renda applicabile la disciplina di cui all'art. 168-bis c.p. alla categoria degli enti, deriva che l'istituto in esame, in ossequio al principio della riserva di legge, non risulta applicabile ai casi non espressamente previsti e, quindi, alle società in relazione alla responsabilità amministrativa ex D.Lgs. n. 231 del 2001” (Trib. Milano, 27.03.2017).

Inoltre i giudici di merito hanno evidenziato come “vi è incompatibilità strutturale tra la disciplina della messa alla prova e quella della responsabilità amministrativa degli enti, connotate da ratio diverse, inconciliabili negli aspetti sostanziali ed anche processuali. L'art. 168-bis c.p. modellato sulla figura dell'imputato persona fisica, in un'ottica, non soltanto special-preventiva, riparativa e conciliativa, ma soprattutto rieducativa, non è applicabile all'ente, con la conseguenza che deve ritenersi indebita l'estensione della sospensione del procedimento con messa alla prova all'ente, in quanto si rischierebbe di introdurre, per via giurisprudenziale, un nuovo istituto del quale lo stesso giudice sarebbe chiamato a declinare i presupposti sostanziali e processuali” (Trib. Bologna, 10.12.2020).

Il diverso orientamento di merito favorevole all'ammissione alla prova dell'ente, attraverso l'interpretazione "estensiva", ovvero "analogica", dell'art. 168-bis c.p., ha ad esempio evidenziato che “l'ammissibilità dell'ente alla sospensione del procedimento con messa alla prova è subordinata al possesso di un imprescindibile prerequisito da parte della società, ovvero l'essersi la stessa dotata, prima del fatto di un modello organizzativo valutato inidoneo dal giudice, poiché solo in questo caso sarebbe possibile formulare un giudizio positivo in ordine alla futura rieducazione dell'ente, che dimostrerebbe così di essere stato diligente e di aver adottato un modello ritagliato sulle proprie esigenze specifiche per quanto valutato non idoneo dal giudice” (Trib. Modena, 19.10.2020).

Ciò premesso, le Sezioni Unite hanno inteso privilegiare l'interpretazione, secondo cui l'istituto della messa alla prova, di cui all'art. 168-bis c.p., non può essere applicato agli enti in relazione alla responsabilità amministrativa dipendente da reato, di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001 chiarendo innanzitutto che “la responsabilità amministrativa dell'ente deve ritenersi concettualmente inquadrabile in un tertium genus, alla stregua dei principi condivisibilmente sanciti dalla sentenza Espenhahn, la messa alla prova ex art. 168-bis c.p. deve, invece, inquadrarsi nell'ambito di un "trattamento sanzionatorio" penale

Da ciò discende che se la responsabilità amministrativa da reato riguardante gli enti rientra in un genus diverso da quello penale (tertium genus) e la messa alla prova deve ricondursi a un “trattamento sanzionatorio” penale (…), “deve ritenersi che l’istituto della messa alla prova non può essere applicato agli enti, a ciò ostando, innanzitutto, il principio di riserva di legge, di cui all’art. 25, secondo comma, della Costituzione”.

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