Si segnala un’interessante sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea[1] che affronta il tema del rapporto tra la contestazione mossa ad una persona fisica che agisce per conto dell’ente e quella che interessa direttamente il soggetto giuridico. Il principio: La sentenza del 10 novembre 2022, di cui sono state rese note recentemente le motivazioni, dichiara la non conformità della normativa nazionale - nella specie di quella bulgara - in forza della quale il giudice può irrogare una sanzione penale a una persona giuridica per un reato di cui sarebbe responsabile la persona fisica che ha agito per conto dell’ente, nel caso in cui non sia stata data alla persona fisica la possibilità di contestare la sussistenza di detto reato. In altre parole, in base ai principi sanciti dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali CEDU, non potrà infliggersi all’ente una sanzione dipendente da reato senza il previo accertamento dell’illecito a carico della persona fisica che ha agito per conto dello stesso. Si tratta di un tema che ha rilevanza anche nell’Ordinamento interno, dal momento che - come è noto - la normativa italiana prevede che venga mossa una contestazione alla persona fisica e che, ove ne sussistano i presupposti, possa essere mossa una parallela doglianza anche all’Ente nel cui interesse e vantaggio la persona fisica ha agito. Il caso: Nella vicenda in esame, si erano instaurati due procedimenti paralleli: l’uno a carico della persona fisica per la commissione di un reato tributario in materia di dichiarazione dell’IVA e l’altro a carico della Società che avrebbe tratto un vantaggio patrimoniale derivante dal reato commesso dal proprio rappresentante legale/persona fisica. Ciò che la Corte di Giustizia ha contestato riguarda il fatto che alla Società è stata irrogata una sanzione per il reato commesso dall’amministratore, prima ancora che fosse accertata la sussistenza del reato in capo alla persona fisica. In particolare, gli artt. 48 e 49 della Carta e l’art. 7 della CEDU ostano a che una sanzione di natura penale possa essere inflitta a un individuo senza che sia previamente accertata e dichiarata la sua responsabilità penale personale, risultando altrimenti violata anche la presunzione di innocenza. Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, alla persona giuridica vanno applicate le medesime garanzie e gli stessi diritti fondamentali riconosciuti all’individuo. Ed infatti, solo attraverso il previo accertamento dell’illecito a carico della persona fisica che ha agito per conto dello stesso, è possibile garantire il rispetto del principio di presunzione di innocenza anche nei confronti dell’ente. In conformità con i principi ribaditi dalla Corte, nell’ordinamento italiano il principio di presunzione di innocenza è sancito, quale diritto inviolabile dell’individuo nel processo, al comma 2 dell’art. 27 della Costituzione, secondo cui l’imputato non può essere considerato colpevole sino alla condanna definitiva e la pena non può dunque essere irrogata in epoca antecedente alla condanna. Inoltre l’Italia, con l’emanazione del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 188, ha recentemente recepito quanto previsto dalla direttiva (UE) 2016/343, in relazione al “rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali”. Va tuttavia rilevato che l’art. 1 del citato decreto prevede l’introduzione di disposizioni integrative-rafforzative «di alcuni aspetti della presunzione di innocenza» delle sole persone fisiche sottoposte a indagini o imputate in un procedimento penale, escludendo quindi dalla sfera di applicabilità le persone giuridiche. Tale delimitazione non ha ragion d’essere con riguardo al nostro ordinamento, nel quale i diritti e le garanzie previsti per l’ente vengono parificati per molti aspetti a quelli dell’imputato. Infatti, all’art. 34 del d.lgs. 231/01 prevede che «per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, si osservano (…) in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 217», e, all’art. 35 del medesimo decreto, che «all’ente si applicano le medesime disposizioni processuali relative all’imputato, in quanto compatibili», estendendo così al primo le medesime garanzie riconosciute all’individuo. Va comunque precisato che la responsabilità dell’ente rimane autonoma rispetto a quella della persona fisica. Ciò può astrattamente implicare la sussistenza della responsabilità in capo all’ente anche laddove non sia stata individuata o condannata la persona fisica responsabile (art. 8 del D.lgs. 231/01). [1] Causa C 203/21, DELTA STROY 2003.