Il braccio di ferro tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca tributaria e procedura di fallimento: il punto delle Sezioni Unite

7 Novembre 2023

A distanza di soli quattro anni dall’ultima pronuncia a Sezioni Unite – Sez. U. n. 45936 del 2019, Fallimento Mantova Petroli s.r.l. – la Suprema Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul rapporto tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria in tema di reati tributari di cui all’art. 12 bis d.lgs. 74/2000 e fallimento, stabilendo, questa volta, che “l’avvio della procedura fallimentare non osta all’adozione o alla permanenza, se già disposto, del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca relativa ai reati tributari”.

La questione era stata rimessa alle Sezioni Unite dalla Terza Sezione Penale nel novembre 2022, con la necessità di risolvere il perdurante contrasto presente nella giurisprudenza di legittimità, relativo alla prevalenza della misura cautelare sulla curatela fallimentare.

In particolare, i nodi storici attorno ai quali si è da tempo sviluppata la dialettica giurisprudenziale, concernono il tema civilistico della proprietà dei beni a seguito di dichiarazione di fallimento, quello della obbligatorietà della confisca tributaria e, infine, la par condicio creditorum.

Non solo. Come affermato di recente anche da altre pronunce di legittimità, le Sezioni Unite evidenziano come questione relativa al rapporto tra sequestro e procedure concorsuali oggi debba essere affrontata anche alla luce del nuovo art. 317 del Codice della Crisi di impresa e dell’Insolvenza (d.lgs. 14/2019).

Il fatto

Il Tribunale del riesame di Pescara ha respinto l’appello cautelare proposto dalla Curatela del Fallimento di una società, con cui si si contestava il rigetto della richiesta di dissequestro delle quote del capitale sociale, provento del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all’art. 11 del Decreto sui reati tributari. Il Tribunale, infatti, ha concluso affermando la prevalenza del sequestro preventivo sui diritti di credito vantati sui beni per effetto della procedura concorsuale, “attesa l’obbligatorietà della misura ablatoria.

In particolare, il sequestro preventivo veniva disposto in data 22 gennaio 2020, dopo la sentenza di dichiarazione del fallimento della società, intervenuta nel gennaio 2019.

La Curatela del fallimento presentava ricorso per Cassazione.

La motivazione e il principio di diritto

La questione di diritto rimessa alle Sezioni Unite era la seguente: “se in caso di dichiarazione di fallimento intervenuta anteriormente alla adozione di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari e riguardante beni attratti alla massa fallimentare, l’avvenuto spossessamento del debitore erariale per effetto dell’apertura della procedura concorsuale osti al sequestro stesso, ovvero se, invece, il sequestro debba comunque prevalere attesa la obbligatorietà della confisca cui la misura cautelare è diretta”.

Ebbene, la Suprema Corte, aderendo ad uno dei due indirizzi interpretativi in contrasto, sancisce la prevalenza funzionale della misura ablatoria sulla procedura concorsuale e ciò sulla base delle seguenti motivazioni.

L’appartenenza del bene a seguito della dichiarazione di fallimento

Il tema assume particolare rilievo in virtù del disposto dell’art. 12 bis d.lgs.74/2000, secondo cui “(…) è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato”.

Sul punto le la Cassazione, chiarisce che la sentenza di fallimento priva la società fallita dell’amministrazione e del potere di disporre dei beni esistenti a quella data, assoggettandoli alla procedura concorsuale volta a soddisfare i creditori; ma tale effetto di spossessamento non si traduce in una perdita della proprietà, in quanto la società rimane titolare dei beni fino al momento della vendita fallimentare. In altri termini, la procedura concorsuale impone sui beni una sorta di vincolo di destinazione, che impedisce al fallito di esercitare alcune tra le facoltà tipiche del diritto di proprietà – potere di amministrare e disporre -, affidate alla curatela fallimentare in qualità di mero detentore. Cionondimeno la situazione giuridica di titolarità del diritto non muta e l’imprenditore rimane proprietario dei beni in liquidazione.

Allo stesso modo, del resto, le Sezioni Unite Uniland del 2014 avevano escluso la legittimazione del curatore fallimentare a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca, ritenendo che lo stesso non fosse titolare di alcun diritto di proprietà sui beni in sequestro.

Non si realizza, in sostanza, la condizione di “appartenenza a terzi” che inibisce, secondo l’art. 12 bis, l’applicazione della confisca.

L’obbligatorietà della confisca tributaria e la par condicio creditorum

L’art. 12 bis d. lgs. 74/2000 stabilisce che nei casi di condanna per uno dei reati tributari, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo”.

Ebbene, secondo la Suprema Corte, è lo stesso dato letterale a dettare il criterio risolutivo della problematica in questione: nel caso di confisca, il sequestro opera sempre e quindi anche in caso di apertura delle procedure concorsuali, siano esse precedenti o successive. In questo senso, dunque, il sacrificio dei creditori dinnanzi alla pretesa Erariale è sancito chiaramente dal dettato normativo.

La Corte aggiunge, peraltro, che l’obbligatorietà della confisca tributaria e la connessa recessività della procedura fallimentare dipende altresì dalla sua “finalità evidentemente sanzionatoria”, volta a ristabilire l’equilibrio economico compromesso con la commissione del reato.

L’obbligatorietà della misura ablatoria implica, pertanto che non vi sia alcuna violazione della par condicio dei creditori: la natura del profitto derivante dai reati tributari e l’interesse erariale sotteso – recuperare le somme evase - giustificano il sacrificio dei creditori privati di fronte all’esigenza di evitare la circolazione dei beni provento di evasione.

L’art. 317 del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza

Le Sezioni Unite, infine, evidenziano come il legislatore sia intervenuto sulla questione oggetto di dibattito, introducendo l’art. 317 d.lgs. 14/2019 rubricato “Principio di prevalenza delle misure cautelari reali e tutela dei terzi”, offrendo, in tal modo, un riferimento positivo per dirimere il contrasto. È dunque possibile affermare che dalla data di entrata in vigore del nuovo Codice – 15 luglio 2022 – vige un’unitaria disciplina di carattere generale che regola i rapporti tra sequestro preventivo finalizzato alla confisca e dichiarazione di liquidazione giudiziale

Alla luce delle argomentazioni esposte nel tessuto motivazionale, la Suprema Corte ritiene di risolvere in contrasto sollevato, sancendo la prevalenza del sequestro preventivo finalizzato alla confisca tributaria sulla procedura fallimentare.

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