Nella seduta dell’11 marzo scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il c.d. correttivo alla riforma Cartabia relativo al processo penale (“Disposizioni integrative e correttive del Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”), ora il Decreto andrà alla firma del Presidente della Repubblica, prima di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Per quanto di interesse in questa sede, il Decreto è intervenuto sul testo del D.lgs. 231/2001 operando due modifiche di natura processuale, volte nella sostanza ad uniformare alcuni aspetti dei procedimenti a carico delle persone giuridiche e delle persone fisiche. Il correttivo mira, dunque, ad estendere al D.lgs. 231/2001 le modifiche operate dalla Riforma Cartabia sul codice di procedura penale, al fine di evitare contrasti e incongruenze tra le due discipline. In particolare, l’art. 7 del Decreto “correttivo” interviene sull’art. 59 D.lgs. 231/01 che riguarda la contestazione dell’illecito amministrativo, eliminando il riferimento all’art. 405 co. 1 c.p.p. (che era stato abrogato dalla Riforma Cartabia) e inserendo il riferimento al nuovo art. 407-bis c.p.p. Operano, dunque, anche nei confronti dell’ente le previsioni relative ai termini concessi al Pubblico Ministero per l’esercizio dell’azione penale o la richiesta di archiviazione, alla scadenza delle indagini. Sempre l’art. 7 del Decreto prevede altresì la modifica dell’art. 61 D.lgs. 231/01, al fine di garantire che il giudice dell’udienza preliminari utilizzi la medesima regola di giudizio per entrambi gli imputati persona fisica e persona giuridica. Le parole “risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere in giudizio la responsabilità dell’ente” sono, infatti, sostituite con la nuova regola di giudizio già introdotta dalla Riforma Cartabia per la persona fisica, in base alla quale il G.u.p. pronuncia sentenza di non luogo a procedere quando l’illecito non sussiste o gli elementi acquisiti “non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna dell’ente”.