Efficacia della sentenza penale irrevocabile nel giudizio tributario, per la Cassazione la novella è retroattiva

18 Settembre 2024


Il presente contributo è stato redatto in collaborazione con l’Osservatorio Giustizia Tributaria nell’ambito della rubrica mensile “Focus Penale Tributario”.

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L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 23570 del 3 settembre 2024 ha sancito l’importante principio secondo cui il nuovo art. 21-bis D. Lgs. 74/2000, introdotto a sistema dal D.lgs. 87/2024 (c.d. Decreto Sanzioni), ha efficacia retroattiva, dovendo essere applicata anche nel caso in cui la sentenza penale sia divenuta irrevocabile anteriormente all’entrata in vigore della stessa, purché sia pendente il giudizio di legittimità avverso la pronuncia tributaria di appello.

La Suprema Corte si è espressa in esito a un caso avente ad oggetto una contestazione per fatture relative a operazioni inesistenti. Nel parallelo giudizio penale, infatti, era stata emessa nei confronti dell’imputato (destinatario delle predette fatture) una pronuncia di assoluzione per insussistenza del fatto di reato ex art. 530, co. 2, c.p.p. La sentenza era divenuta irrevocabile, passando pertanto in giudicato.

La Corte ha dunque precisato come, in seguito all’adunanza camerale originariamente fissata per la decisione della causa, è entrato in vigore il citato Decreto Sanzioni, che ha introdotto nel corpo del D. Lgs. 74/2000 l’art. 21-bis, rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione[1].

Per quanto qui di interesse, la norma in esame riconosce, in ogni stato e grado del processo tributario, efficacia di giudicato alla sentenza irrevocabile di assoluzione, pronunciata con le formule “perché il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso” “in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario”. La pronuncia penale definitiva emessa in presenza dei predetti presupposti, pertanto, assume efficacia vincolante per il giudice tributario.

Il secondo comma della disposizione in esame, inoltre, prevede la possibilità di depositare la sentenza penale irrevocabile di assoluzione anche nel giudizio di legittimità fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio[2].

L’importanza dell’arresto in commento è tuttavia rappresentata dal fatto che i Giudici di legittimità hanno chiarito, nel silenzio della norma, che tale ius superveniens si applica anche ai giudizi in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione resa con le formule di legge espressamente richiamate sia passata in giudicato anteriormente al 29 giugno 2024 (data di entrata in vigore del Decreto Sanzioni), purché sia pendente il giudizio di legittimità avverso la sentenza tributaria di secondo grado relativa ai medesimi fatti da cui il contribuente sia stato irrevocabilmente assolto nel parallelo giudizio penale.

Nel caso di specie la Corte rileva che è indubbia l’identità dei fatti oggetto degli avvisi di accertamento impugnati nel giudizio tributario e di quelli penalmente rilevanti, con la conseguenza che la sentenza penale di assoluzione non può che avere efficacia di giudicato nell’ambito del parallelo giudizio tributario di legittimità. Pertanto, tali fatti devono ritenersi non sussistenti anche ai fini tributari e la sentenza impugnata è meritevole di essere cassata.


[1] Tale articolo era già stato oggetto di un precedente contributo pubblicato qui https://www.osservatorio-231.it/2024/04/30/il-doppio-binario-penal-tributario-e-ladeguamento-al-principio-del-ne-bis-in-idem-le-novita-previste-dalla-riforma-fiscale/

[2] Per completezza, si precisa che Il terzo comma dell’art. 21-bis (non rilevante ai fini della pronuncia in oggetto)  prevede altresì che la sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste ha efficacia vincolante per il giudice tributario anche nei confronti (i) della persona fisica nel cui interesse abbia agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, (ii) dell’ente o società, con o senza personalità giuridica, nel cui interesse abbia agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché (iii) dei singoli soci o associati delle medesime società.

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