Il mondo del luxury e i recenti provvedimenti di amministrazione giudiziaria È di pochi mesi fa la notizia di una nota azienda di moda che è stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria. Dopo i 3 casi già resi noti nel 2024, un’altra azienda è stata sottoposta al medesimo provvedimento, per non essere stata in grado di “prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo” nelle aziende a cui subappaltava il lavoro. È il Tribunale di Milano, Sezione Misure di Prevenzione, che ha disposto l’amministrazione giudiziaria in questi casi, ai sensi dell’art. 34 D.lgs. n. 159/2011 (c.d. Codice Antimafia), all’esito di un’ampia attività di indagine coordinata dalla Procura di Milano che ha interessato e sta interessando molte aziende. I provvedimenti, emessi a seguito della richiesta del Pubblico Ministero dott. Storari, appaiono connessi al reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, previsto e punito dall’art. 603-bis c.p. Le contestazioni formulate riguardavano il business delle aziende interessate, ovvero l’attività di produzione dei manufatti di pelletteria e/o dell’abbigliamento, che appariva nei casi in esame interamente esternalizzata e affidata in appalto a società che a loro volta subappaltavano a terzi. Ebbene, i subappaltatori – stando alla ricostruzione dell’Autorità Giudiziaria - si avvalevano di manodopera irregolare, applicando inoltre condizioni di lavoro non in linea con la disciplina in materia di Salute e Sicurezza. Ciò che viene contestato è di non aver vigilato sulla corretta esecuzione dei contratti di appalto stipulati, in particolare effettuando ispezioni o audit sulla filiera produttiva. Tra le prescrizioni del Tribunale, volte ad evitare che in futuro la filiera possa essere nuovamente affidata a terze aziende che si avvalgono di manodopera irregolare, vi è quella riguardante l’adozione del Modello di Organizzazione Gestione e Controllo. Quelli descritti costituiscono gli ultimi, in ordine temporale, di una serie di provvedimenti - in larga parte sovrapponibili - emessi dal Tribunale di Milano, sezione misure di prevenzione. Basti considerare le vicende che hanno interessato diverse aziende leader nel settore della logistica, anch’esse sottoposte ad amministrazione giudiziaria per essersi avvalse di fornitori di servizi che praticavano somministrazione illecita di manodopera, con le connesse problematiche di evasione fiscale. E ancora, Il Tribunale di Milano, Sezione misure di prevenzione, nel maggio 2020, disponeva la misura di prevenzione patrimoniale dell’amministrazione giudiziaria ex art. 34, D.Lgs.159/2011 nei confronti di una delle principali società operanti nel settore delle consegne a domicilio, dopo aver accertato che i lavoratori, in particolare i riders o fattorini impiegati nelle consegne a domicilio di generi alimentari, venivano sottoposti a condizioni di sfruttamento approfittando delle condizioni di bisogno. Come è noto, a seguito di tale provvedimento, le principali società operanti nel settore del delivery food hanno deciso di sottoscrivere due protocolli sperimentali di legalità contro caporalato, intermediazione illecita e sfruttamento dei lavoratori. Il primo è stato siglato da Assodelivery, associazione che comprende le principali imprese del settore (Uber Italy, Glovo, Just Eat Takeaway, Deliveroo e Social Food) e i sindacati CGIL CISL e UIL mentre il secondo, dal medesimo contenuto, è stato sottoscritto da Assodelivery e l'UGL. Si tratta solo di alcuni dei provvedimenti emessi in questi ultimi anni dal Tribunale di Milano. Ciò che appare importante evidenziare è che le fattispecie analizzate, pur nella loro specificità, presentano tratti comuni, uno tra tutti la connessione tra la misura di prevenzione patrimoniale e la tematica del c.d. Caporalato. L’amministrazione giudiziaria L’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche è disciplinata dall’art. 34 del D.lgs. 159/2011 (c.d. Codice delle Leggi Antimafia) e, come ribadito da numerosi arresti nomofilattici, rappresenta un’evoluzione della previgente disciplina contenuta nell’art. 3 quater L. 575/1965. Lo strumento nasce con la finalità di limitare i canali di accumulazione economica della criminalità di profitto anche laddove non sussistano i presupposti per l’applicazione del sequestro o la confisca di prevenzione, ma vi sia comunque la necessità di dover esercitare un’attività di bonifica dell’impresa. Invero, la disposizione attribuisce al Tribunale il potere di - laddove se ne ravvisasse la necessità - conferire all’Amministratore Giudiziario i poteri spettanti agli organi di amministrazione e altri organi sociali. L’analisi dei presupposti che devono sussistere per poter avanzare la proposta di applicazione della misura ex art. 34 muove le mosse dalla grammatica probatoria tipica delle misure di prevenzione, consistente nella sussistenza di “sufficienti indizi” che “il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle di carattere imprenditoriale, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall'articolo 416 bis del codice penale”, o anche che detta attività economica – esercitata in maniera del tutto lecita – possa comunque portare un contributo agevolativo all’attività di persone sottoposte a procedimento per i c.d. reati catalogo (Artt. 416 bis, 629, 630, 644, 648 bis, 648 ter c.p.) a cui sono state aggiunte altre fattispecie dalla novella n. 161 del 2017 (603 bis c.p. recante “intermediazione e sfruttamento al lavoro”), 640 bis, 416 c.p. L’attività agevolativa non deve essere illecita, quindi non è messa in discussione la liceità dell’origine del patrimonio aziendale, motivo per il quale il presupposto legale per l’applicazione della misura è rappresentato proprio dalla terzietà dell’imprenditore rispetto all’attività illecita dell’agevolato. La ratio dell’istituto trova espressione in una vera e propria opera di “bonifica” dell’impresa che è entrata stabilmente in rapporti economici con consorterie criminali. La Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano, in diverse occasioni, ha prima adottato e poi revocato il provvedimento ex art. 34, D.lgs. 159/2011, ritenendo che la procedura abbia raggiunto il suo scopo, sterilizzando l’azienda e la sua attività economica dal contagio, attraverso un nuovo corso fondato su due operazioni fondamentali consistenti in (i) la sospensione e poi il licenziamento non solo dei dirigenti coinvolti nelle relazione con i soggetti mafiosi, ma anche di quelli rimproverabili per mancato controllo, fino alla sostituzione dei vertici gestori, (ii) l’adozione di un nuovo modello di organizzazione ex D.lgs. 231/2001, costruito proprio per prevenire le intrusioni nell’area aziendale più esposta, in modo tale da restituirle al libero mercato «depurate degli elementi inquinanti». L’importanza del Modello 231 nelle società sottoposte ad Amministrazione giudiziaria Il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo, disciplinante la responsabilità amministrativa da reato delle società e degli enti, è – come noto – un importante strumento di prevenzione della commissione di reati nel contesto aziendale. Ed infatti, il Decreto legislativo n. 231 del 2001 ha aggiunto alla responsabilità penale imputabile alle persone fisiche anche quella dell’impresa, nel caso di commissione di una particolare categoria di reati previsti dal Decreto stesso (c.d. reati-presupposto). Viene, pertanto, previsto che le Società adottino un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo, effettuando una mappatura di tutti i processi aziendali e delle funzioni coinvolte nei medesimi e, quindi, individuando le aree di attività a rischio (c.d. attività sensibili) al fine di: Il Decreto ha innescato, dunque, un cambiamento profondo del modo di concepire i controlli nell’attività di impresa, il cui fulcro è costituito dal monitoraggio costante dell’attività e dei rischi e dove i presidi della buona gestione diventano requisiti organizzativi dell’azienda. È stato di fatto introdotto uno strumento per diffondere la cultura della trasparenza e del rispetto delle regole all’interno dell’impresa, incentivando quest’ultima – attraverso il beneficio dell’esenzione della responsabilità – ad adottare presìdi organizzativi e procedure idonee ad intercettare e gestire il rischio di reato. Ciò vale, a maggior ragione, per quella particolare tipologia di persone giuridiche costituite dalle società in Amministrazione giudiziaria. In queste ipotesi il Modello 231 deve intervenire in contesti in cui vi è la pregressa sussistenza di una situazione patologica. Quest’ultima può consistere - a seconda dei casi in una casistica variegata in termini di gravità e contenuto - nel fatto che un’impresa ha intrattenuto rapporti con organizzazioni criminali, che ha agevolano attività illecite di terzi, che si sia avvalsa di soggetti giuridici che ponevano in essere azioni illecite, anche costituenti veri e propri fatti di reato. Diviene dunque importante intervenire in sede di redazione/revisione/ implementazione dei Modelli 231 partendo dalla situazione patologica verificatasi e intervenendo per evitare la reiterazione delle condotte illecite contestate. Ed invero, l’intero sistema della responsabilità degli enti si fonda sulla colpa in organizzazione, attraverso la previsione di sanzioni per le società e gli enti che non hanno saputo impedire la commissione di reati nell’ambito della propria organizzazione. Ciò vale, a maggior ragione, considerando il fatto che sono gli stessi Organi Giudiziari a richiedere agli Amministratori giudiziari l’applicazione dei protocolli previsti dal D.lgs. 231/2001, valutando positivamente le funzioni preventive e riparatorie. Ciò è accaduto negli ultimi casi citati dove l’Autorità procedente ha richiesto l’adozione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo. Il professionista incaricato di redigere un Modello 231 per un’impresa sottoposta ad amministrazione giudiziaria si pone dunque in una duplice ottica: quella tradizionale caratterizzata dal concetto di prevenzione e quella connessa all’esigenza di ripristino della legalità (funzione riparatoria). Ciò si traduce, per quanto riguarda le imprese sottoposte ad amministrazione giudiziaria a fronte di fenomeni di sfruttamento del lavoro, in una particolare attenzione alle fattispecie delittuose di cui all’art. 603-bis c.p. - reato presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente - e in un’attività di monitoraggio dei fornitori, soprattutto di quelli che offrono servizi. Dovrà dunque essere previsto uno specifico e strutturato sistema di monitoraggio e controllo dei fornitori dell’impresa Amministrata rispetto alla gestione dei dipendenti sotto profili retributivi, contributivi, salute e sicurezza. Gli accordi negoziali dovranno prevedere clausole di rispetto del proprio Codice etico e del proprio Modello 231. Sarà inoltre utile richiedere al proprio interlocutore specifica documentazione, tra cui i Modelli e i Codici etici adottati dalle società con cui si intrecciano relazioni contrattuali. Tutto ciò consente di comprendere l’importanza dei Modelli 231 per le società amministrate e per quelle che rischiano “per colpa” di entrare in contatto con situazioni patologiche di terzi appaltatori/subappaltatori e fornitori, soprattutto in relazione a realtà aziendali che prevedono l’esternalizzazione di determinati servizi/attività. Per ridurre e minimizzare tale rischio diviene essenziale una (i) valutazione dell’assetto societario e l’individuazione delle attività sensibili; (ii) il confronto con i soggetti coinvolti nelle attività sensibili e nei processi rilevanti; (iii) una completa mappatura delle attività partendo dai presidi di controllo già esistenti e l’individuazione delle eventuali lacune; (iv) l’identificazione degli interventi di miglioramento e dei presidi da adottare per la riduzione del rischio. *.*.* L'importanza di affrontare queste tematiche è stata approfondita anche durante l'evento “Supply Chain: la compliance come fattore competitivo del successo aziendale” organizzato in collaborazione con la Camera di Commercio Italo-Germanica (AHK Italien) e AIGI - Associazione Italiana Giuristi d'Impresa, con l'intervento del Avv. Francesco Rubino. Per ulteriori dettagli, rimandiamo al post dedicato disponibile su LinkedIn