I profili di legittimità del sequestro probatorio in un caso di responsabilità dell’ente per reati ambientali

17 Gennaio 2025

La recente sentenza della Corte di cassazione (n. 46549 del 3 ottobre 2024, dep. 18 dicembre 2024) chiarisce i profili di legittimità del sequestro probatorio, con particolare riferimento ai casi di applicazione della misura ablatoria in procedimenti per reati ambientali.

Nel caso di specie, in cui è indagata una società per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25-undecies co. 2 D.lgs. 231/01 in relazione alla presunta violazione degli obblighi di comunicazione previsti dagli artt. 242 e 257 del D.Lgs. 152/2006, l’intera area inquinata è stata sottoposta a sequestro probatorio.   

Avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di riesame della misura ablatoria emesso dal Tribunale di Trento, la società indagata ha presentato ricorso avanti alla Corte di cassazione, lamentando – tra gli altri vizi – l’erronea attribuzione della responsabilità per il reato di omessa comunicazione della potenziale minaccia di contaminazione alle istituzioni interessate, considerato che la contaminazione e l’inquinamento del sito erano risalenti a 40 anni prima e, dunque, non riconducibili all’operato delle società attualmente proprietarie dell’area contaminata.  

Sulla base di questa affermazione, ritenendo non sussistenti a suo carico gli indizi per poter disporre il sequestro probatorio, la ricorrente ha chiesto la revoca della misura, disposta sull’area contaminata in quanto “cosa pertinente al reato”.

Rigettando il ricorso, la Cassazione ha chiarito che “ai fini della legittimità del sequestro probatorio non è necessario che il titolare del bene sottoposto a vincolo reale coincida con l’autore del reato per il quale si procede, in quanto il sequestro probatorio, quale mezzo di ricerca e assicurazione della prova, prescinde dalla necessità che titolare del bene e autore del reato coincidano, essendo sufficiente la relazione tra la cosa e il reato e la sua necessità a fine di prova”.

Così pronunciandosi la Corte ha ribadito che ciò che rileva ai fini del sequestro probatorio è la relazione tra il bene sequestrato e l’accertamento del reato, nonché la necessità della misura ai fini probatori.

Nel caso in esame, il sequestro dell’intera area contaminata rispondeva all’esigenza di compiere indagini tecniche per l’individuazione dei livelli di contaminazione e, di conseguenza, accertare eventuali responsabilità amministrative.

È importante in conclusione evidenziare come questa sentenza – oltre ad esprimere un importante principio in materia di sequestro probatorio – attenzioni le aziende che subentrano in terreni già contaminati circa gli obblighi di gestione, bonifica e prevenzione che si trasmettono in capo alle stesse. Obblighi che, se non correttamente adempiuti, determinano il rischio di contestazioni penali e (temporanei) spossessamento delle aree interessate.

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