Il presente contributo è stato redatto in collaborazione con l’Osservatorio Giustizia Tributaria nell’ambito della rubrica mensile “Focus Penale Tributario”. * * * La terza sezione penale della Corte di cassazione, con sentenza n. 1757 del 15 gennaio 2025, pronunciandosi su un caso di indebita compensazione di crediti inesistenti ex art. 10-quater D.lgs. n. 74/2000 ha fornito alcune rilevanti indicazioni sul concetto di “credito inesistente” e sulla continuità normativa tra la definizione antecedente e successiva al D.lgs. 87/2024. Il caso: La Corte di cassazione ha esaminato il caso di alcuni imputati condannati dal GUP presso il Tribunale di Latina per il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti ex art. 10-quater comma 2 D.lgs. n. 74/2000. La sentenza è stata confermata dalla Corte d’Appello di Roma. In particolare, gli imputati sono stati ritenuti colpevoli del reato loro ascritto per non aver versato all’Erario, in qualità di amministratori di fatto di alcune società cooperative, somme dovute utilizzando in compensazione crediti ritenuti inesistenti. Il ricorso degli imputati: Gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, evidenziando, tra gli altri motivi, il “deficit di motivazione in relazione alla valutazione dei crediti posti in compensazione come inesistenti in luogo di non spettanti”. Ad opinione dei ricorrenti, infatti, nel procedimento di merito sarebbe stata fornita la prova dell’effettiva erogazione ai dipendenti del cd. Bonus Renzi, successivamente posto in compensazione con le somme dovute all’Erario. In tal senso, i giudici di prime cure avrebbero omesso qualsivoglia valutazione contabile amministrativa, aderendo acriticamente alle presunzioni poste dall’Agenzia delle Entrate. La decisione della Corte: La Corte, ritenendo i ricorsi infondati, ha rilevato che i crediti posti in compensazione non potevano trovare alcun riscontro in dati contabili-patrimoniali-finanziari delle società cooperative, e che la veridicità degli stessi non era riscontrabile mediante controlli automatizzati o formali utilizzando i dati in possesso all’anagrafe tributaria. I giudici di legittimità hanno dunque ritenuto che i crediti posti in compensazione dagli imputati dovessero essere ricondotti alla categoria dei crediti inesistenti come definiti dall’art. 13 co. 5 D.lgs. n. 471/1997 nella versione antecedente alla riforma introdotta dal D.lgs. n. 87/2024. La disposizione citata definisce inesistente “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. Tale definizione è stata recepita nelle cosiddette sentenze gemelle del 2021 (Cass. Civ., Sez. Trib., n. 34443 del 2021, Cass. Civ., Sez. Trib., n. 34444 del 2021 e Cass. Civ., Sez. Trib., n. 34445 del 2021) e successivamente confermata dalle Sezioni Unite (Cass. Civ., Sez. Unite, n. 34419 del. 2023 e Cass. Civ., Sez. Unite, n. 34452 del 2023). Tali pronunce hanno statuito che “il credito fiscale illegittimamente utilizzato dal contribuente può dirsi "inesistente" quando ne manca il presupposto costitutivo (ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili-patrimoniali-finanziari del contribuente) e quando tale mancanza sia evincibile dai controlli automatizzati o formali sugli elementi dichiarati dal contribuente stesso o in possesso dell'anagrafe tributaria, banca dati pubblica disciplinata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973, su cui detti controlli anche si fondano”. Dunque, ricorda la Corte, un credito è considerato inesistente se: Ma vi è di più. I giudici di legittimità, nel ricondurre i crediti posti in compensazione nella categoria dei crediti inesistenti, hanno ritenuto che il nuovo art. 1 comma 1 lett. g-quater) del D.lgs. 74/2000, come modificato dal D.lgs. 87/2024, non sia di ostacolo alla qualificazione del credito come inesistente. La disposizione citata definisce, infatti, come inesistenti Sembra, dunque, che la Corte riconosca, anche se solo implicitamente, una continuità normativa tra la definizione di credito insistente fondata sulla disposizione di cui all’art. 13 co. 5 D.lgs. n. 471/1997 e quella individuabile nel nuovo art. 1 comma 1 lett. g-quater) del D.lgs. 74/2000.