La Corte di cassazione, Sezione Civile, con la sentenza n. 3800/2025 ha posto un freno al recente trend giurisprudenziale consolidatosi nel 2024 a seguito della riforma in materia fiscale, andando ad affermare il seguente principio di diritto: “L’art. 21-bis D.lgs. n. 74 del 2000, introdotto con l’art. 1, D.lgs. n. 87 del 2024, poi recepito nell’art. 119 T.U. della giustizia tributaria, in base al quale la sentenza penale dibattimentale di assoluzione, con le formule perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, ha, nel processo tributario, efficacia di giudicato quanto ai fatti materiali, si riferisce, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica, costituzionalmente orientata e in conformità ai principi unionali, esclusivamente alle sanzioni tributarie e non all’accertamento dell’imposta, rispetto alla quale la sentenza penale assolutoria ha rilievo come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente agli altri elementi di prova introdotti nel giudizio”. *.*.* Come già esposto in “Il doppio binario penal-tributario e l’adeguamento al principio del ne bis in idem: le novità previste dalla riforma fiscale”, tra i principi cardine fissati dal legislatore nella legge delega per la riforma fiscale (L. n. 111/2023) in relazione alla revisione del sistema sanzionatorio penal-tributario spicca l’obiettivo di “razionalizzare il sistema sanzionatorio amministrativo e penale, anche attraverso una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione, ai fini del completo adeguamento al principio del ne bis in idem”. Ebbene, prima della sentenza n. 3800/2025 la Corte di cassazione aveva fatto propria una lettura “estensiva” dell’art. 21-bis D.lgs. 74/2000, invero basata sul chiaro dato letterale, secondo cui la norma riconosceva, in ogni stato e grado del processo tributario, efficacia di giudicato alla sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata, con le formule “perché il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso”, “in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario”. Tale innovativa portata è stata tuttavia limitata dal nuovo arresto giurisprudenziale della Cassazione civile, la quale ha escluso alla radice che il giudicato assolutorio penale, anche con le formule perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, abbia efficacia nel processo tributario in relazione all’accertamento dell’imposta, potendo al più assumere efficacia di giudicato solo in relazione alle sole sanzioni tributarie. Di conseguenza, secondo la Corte, anche in presenza di una sentenza assolutoria divenuta definitiva, il giudice tributario dovrà considerare la stessa al più come elemento probatorio, andando dunque a valutare autonomamente e complessivamente tutti gli elementi di prova acquisiti nel corso del giudizio. Sembra dunque che la Cassazione civile, con la sentenza n. 3800/2025, abbia ribadito, contrariamente a quello che era l’obiettivo della legge delega e della riforma del sistema sanzionatorio, l’autonomia del giudizio tributario da quello penale, viceversa sottolineando la necessità di una valutazione autonoma delle prove nel contesto tributario. Tale interpretazione evidenzia, inoltre, come le sentenze penali possano avere un impatto significativo ma non vincolante sui procedimenti tributari, in linea con il principio della circolazione della prova. Questa decisione pone l’accento sulla complessità dei rapporti tra i diversi ambiti giuridici e sulla necessità di un’approfondita analisi delle prove in ogni contesto, al fine di garantire una corretta amministrazione della giustizia e il rispetto dei principi di legalità e proporzionalità. *.*.* Ebbene, considerato il contrasto interpretativo generatosi, anche a seguito della summenzionata sentenza della Cassazione civile, in relazione all’ambito di applicazione dell’art. 21-bis D.ls. 74/2000, la Suprema Corte, con sentenza n. 5714/2025, ha rimesso alle Sezioni Unite la definizione di due differenti questioni, ovvero Non resta, dunque, che attendere la pronuncia delle Sezioni Unite per vedere risolta una questione chiave per la definizione del rapporto intercorrente tra il processo penale e il processo tributario.